Maria Josefina Cerrutti

Intervista a – Maria Josefina Cerrutti
scritta da Alfredo Sprovieri, video realizzato da Erica Canepa

Maria Josefina Cerrutti è nata a Mendoza, si è laureata in Sociologia a Buenos Aires e a Trento con due tesi sul ruolo degli emigrati italiani nel mondo del vino e da allora si è dedicata a studiare l’emigrazione italiana in Argentina. Membro della quarta generazione della famiglia Cerutti, grandi produttori di vino a Mendoza ma originari della provincia di Novara, María Josefina ha ricostruito la storia della sua famiglia incentrandola sul ricordo di eventi tragici legati alla dittatura argentina. Come suggerisce il sottotitolo originale del suo libro pubblicato nel 2016 per Interlinea, (“Casita Robada, El secuestro, la desaparición y el saqueo milionario que el almirante Massera cometió contra la familia Cerutti” – in Italia pubblicato con il titolo “Vino Amaro. Storia di emigrazione e dittatura”) i fatti si riferiscono al 12 gennaio 1977, quando un gruppo paramilitare entra nella tenuta dei Cerutti e sequestra il nonno Victorio e Omar Masera Picolini, suo genero. Condotti alla Esma, lì verranno torturati e Victorio sarà costretto a firmare l’atto di cessione della casa e dei vigneti a una società dietro la quale si nascondono due torturatori della Esma riconducibili all’ammiraglio Massera, fra i più famigerati membri della giunta militare che reggeva il regime argentino.

 

Come inizia la storia della sua famiglia in Argentina?

Tutta la storia risale a quando Emanuele Cerrutti è arrivato in Argentina nel 1895 su quel famoso bastimento che si chiamava El Siro, da lì inizia la nostra storia. Emanuele si stabilizzò a Mendoza e diventò uno dei pionieri dell’industria del vino a Mendoza, un’industria che c’era già, molto più piccola, artigianale, ma che gli italiani che sono arrivati a cavallo dei due secoli hanno contribuito a far crescere. Questi italiani, i miei parenti, hanno avuto una storia tipica, “si sono fatti l’America”. Emanuele era quasi un’analfabeta, ha fatto piccoli lavori, ha lavorato come operaio anche in Perù nella costruzione delle ferrovie. Poi arriva a Mendoza, sposa una donna pavese e fanno dieci figli. Uno di questi era mio nonno, Victorio. Ricordo che mi dava la camomilla con il cucchiaino mentre gli mettevo le dita fra le rughe: è stato un grande amore con mio nonno.

 

Sotto la dittatura tuo nonno viene sequestrato e fatto sparire, perché?

Quando mio nonno è stato sequestrato aveva 76 anni, molti si chiesero perché Massera sequestrò un uomo così anziano, in realtà era per l’eredità di Victorio, questa casa nel paese di Chacras de Coria con i vigneti eccetera, tutta questa parte che era la ciliegina sulla torta di Emanuele è stata anche sequestrata e poi rimasta in mano di Massera, ammiraglio della giunta militare che ha continuato a fare questo progetto immobiliare che oggi ha un altro nome ma si chiamva Will-Ri, che stava per Willson e Ríos, nomi falsi di Francis William Whamond  e Jorge Rádice, due sequestratori e torturatori di questo campo di concentramento dov’è stato Victorio che si chiamava Esma (Escuela Mecanica de la Armada) dove sono sparite oltre 9mila persone. Lì c’era una parte che si chiamava l’Immobiliare, dove tutto ciò che veniva sequestrato si vendeva eccetera, uno dei due grandi bottini è stato proprio l’azienda vinicola di Victorio Cerrutti.

 

Qual è stato il destino di suo nonno?

Victorio non è più apparso, viene buttato via da un aereo nel Rio della Plata e non abbiamo mai più trovato nulla di lui purtroppo, la famiglia con il passare del tempo si è rotta tutta. Quello del sequestro è stato il punto di rottura, a fine dittatura ho cercato insieme a mio fratello di cercare mio nonno, con tante persone di origine italiana davanti all’ambasciata italiana a chiedere informazioni, pochi sono venuti fuori vivi. I desaparecidos italiani sono rimasti desaparecidos. Io ho visto nonno l’ultima volta – è un grande dolore – quando siamo andati a salutare questo zio Horacio che andava all’esilio dopo esser uscito dal carcere. Li ho visti che si sono abbracciati da lontano e non sono riuscita a dare un bacio a mio nonno. Venti giorni dopo è stato sequestrato, da allora l’ho rivisto solo un paio di volte nei miei sogni.