Il Tribunale Russell II – Intervista a Giancarlo Monina

Il Tribunale Russell II
Intervista a – Giancarlo Monina
Scritta da Alfredo Sprovieri, video realizzato da Marco Mastrandrea

Giancarlo Monina è ricercatore e docente di Storia Contemporanea all’Università Roma Tre, ha svolto attività didattica anche all’Università di Roma “Tor Vergata” e all’Università per Stranieri di Perugia. Segretario del Comitato scientifico e membro del Consiglio dei Garanti della Fondazione Lelio e Lisli Basso – ISSOCO, i suoi ambiti di studio e di ricerca vertono prevalentemente sulla storia politica, sociale e culturale dell’età contemporanea.  Membro del Consiglio dei garanti della Fondazione Istituto Gramsci di Roma e dell’Archivio audiovisivo del movimento operaio e democratico, è autore di numerose pubblicazioni che hanno interessato la storia contemporanea dell’America latina.

 

Cos’è stato il Tribunale Russell II?

Il Tribunale Russell II per il Brasile, il Cile e l’America Latina è nato ufficialmente nel novembre del 1973 a Bruxelles, la sua storia però ha origini un po’ più lontane, cioè inizia nell’autunno del 1971 quando il leader socialista italiano Lelio Basso fu invitato a Santiago del Cile per un grosso convegno internazionale che doveva fare il bilancio del primo anno del governo popolare di Salvador Allende in Cile: lì fu contattato dagli esuli brasiliani che si trovavano a Santiago e che gli proposero appunto di costituire un tribunale d’opinione internazionale per denunciare la dittatura che dal 1964 si era instaurata in Brasile. 

Cosa emerse dalle denunce?

In modo particolare la pratica drammatica della tortura, che già si stava conoscendo a livello mondiale, e poi l’inganno del “Miracolo economico”, come dicevano loro.  Il governo dittatoriale brasiliano nascondeva la violenza del suo regime sotto l’immagine cioè di uno sviluppo economico finto, sotto l’immagine anche di famosi successi sportivi: quelli di Pelè con la nazionale di calcio oppure quelli di Emerson Fittipaldi, un’altra figura un po’ scomparsa, era un campione di Formula Uno… insomma, ecco volevano denunciare la realtà di quel paese, che era il Brasile sotto la dittatura. 

Da dove nasce il coinvolgimento di Lelio Basso? 

Lelio Basso era già stato protagonista di un altro tribunale, e questo spiega perché si parli tribunale Russell II, cioè di un tribunale che era stato direttamente promosso dal filosofo e matematico gallese Bertrand Russell nel 1966, ed era un tribunale che denunciava invece i crimini di guerra delle forze armate statunitensi in Vietnam. Fu molto famoso – questo tribunale Russell sul Vietnam – negli anni ‘67 e ‘68 e Basso come unico italiano vi aveva partecipato in un ruolo molto importante. Per questo motivo, e anche perché era già attivo nella solidarietà con il Brasile, gli esuli brasiliani a Santiago gli chiesero di costituire questo secondo tribunale Russell e iniziò da lì una storia fatta di contatti, di speranze, anche in certi momenti di delusioni, perché non si sapeva se Basso stesso e la rete di relazioni che stava costituendo sarebbe stata capace effettivamente di costruire un’impresa così importante, quella di un tribunale internazionale d’opinione. Fu decisivo l’esilio brasiliano perché dopo il ’64, ma specialmente dopo il ’68, quando il profilo del regime brasiliano divento ancora più violento, molti brasiliani impegnati nella politica dovettero fuggire dal paese e quindi diverse decine di migliaia di brasiliani raggiunsero l’Europa e gli Stati Uniti altri paesi latinoamericani, permettendo di costruire una rete che fu la base per prima l’estensione e dopo il consolidamento del tribunale Russell.

Quando si inizia a occupare anche di ciò che accade negli altri paesi?

Proprio alla vigilia della sua costituzione, il Tribunale Russell, novembre del 1973, si trovò di fronte ad un evento nuovo drammatico ed eclatante: il colpo di stato in Cile del generale Pinochet, dell’11 settembre del ’73. Da quel momento si decide che il tribunale di opinione non potesse essere più soltanto concentrato sul Brasile, ma anche sul Cile. Fu proprio la vedova di Salvador Allende, presidente che morì nel contesto del colpo di stato, cioè Hortensia Bussi de Allende, che chiese che il tribunale fosse esteso nella sua missione anche al Cile. Questo avvenne in un contesto in cui tutta l’America Latina, in particolare l’America del Sud stava subendo un’involuzione autoritaria e l’affermazione di governi dittatoriali, sostenuti in larga parte anche dagli Stati Uniti, che instaurarono regimi di terrore. Questo ancora prima del Cile era avvenuto nel giugno del ‘73 in Uruguay, ancora prima in Bolivia, insomma nel giro di pochi anni nel corso degli anni Settanta fino al colpo di stato argentino del ‘76 l’America Latina vive la notte buia della democrazia. Il Tribunale vive quella tragica storia in presa diretta; anche andando a sfogliare la documentazione del tribunale Russell II si trova proprio questa successione drammatica di notizie, informazioni, lettere, documenti che provenivano dell’America Latina e che appunto testimoniavano delle torture che si consumavano, delle violenze, della prigionia, dell’assenza di diritti basilari. 

Cosa significa tribunale di opinione?

La funzione prima era quella di denunciare, soltanto che il tribunale non volle denunciare semplicemente come atto politico, ma volle costruire intorno a principio giurisdizionale. Per certi versi è un’imitazione di un processo,  cioè quelli di un iter giuridico riconosciuto che ha dietro di se un’istituzione che lo promuove: uno stato etc. Nel caso del tribunale ci si appellò invece alla coscienza collettiva, la coscienza dei popoli, quindi una coscienza più generale però seguendo gli stessi criteri dei processi in ambito giuridico, ovvero: mettere insieme delle prove, quindi azioni di inchiesta, di indagine, di raccolta, mettere insieme i testimoni, che furono importantissimi, in buona parte acquisendo le loro deposizioni nell’ambito dell’esilio, ma spesso anche magari in forma scritta negli stessi luoghi dell’America Latina e poi addirittura invitando i dittatori latino-americani ad intervenire nelle sessioni per potersi difendere. 

Quale fu la reazione dei dittatori alle azioni del Tribunale Russell?

È evidente che nessuno dei dittatori dell’America Latina raccolse l’invito, anzi nell’ambito dei loro servizi di intelligence si attrezzavano per rispondere a questo tribunale Russell II, e tuttavia la difesa di questi governi fu assunta all’interno degli stessi Tribunali Russell, con scarso successo evidentemente perché c’era veramente poco da difendere per i crimini contro l’umanità che si stavano compiendo. 

Quale fu l’elemento più importante del Tribunale?

La giuria fu un punto chiave di questo tribunale, perché era importante che ci fossero figure che avessero un grande rilievo internazionale, che fosse riconosciuto il loro valore nei diversi contesti in cui operavano. E quindi furono chiamati personaggi di grande profilo, per citare alcuni dei nomi più noti: Gabriel Garcia Marquez, che fu vicepresidente del tribunale Russell II, Jean Paul Sartre, Simon de Beauvoir, Eduardo Galeano e ancora importanti teologi protestanti e tanti altri. Insomma, ci fu una giuria internazionale di rilievo che sicuramente era già orientata e consapevole dei crimini che si compiono in America Latina, ma procedettero diciamo in termini di procedure giurisdizionali in maniera molto corretta

 

A quali sentenze si arrivò, e in che modo?

Si andarono sviluppando tre importanti sessioni: una prima sessione che si svolse nell’aprile del 1974 a Roma, una seconda nel gennaio del ’75 a Bruxelles e una terza conclusiva nel gennaio del 1976 a Roma. Ci furono le sentenze in ognuna delle tre sezioni, poi nella sezione finale si determinò una sentenza finale in cui fu apertamente denunciato e messo sotto accusa il governo non solo del Brasile, del Cile e di molti altri paesi dell’America Latina con diversi capi d’accusa.  Il capo d’accusa principale e anche quello che aveva un effetto anche sul piano emotivo maggiore fu quello della tortura, ma ci fu anche quello delle sparizioni forzate, quello appunto della prigionia di migliaia e migliaia di persone senza alcun diritto eccetera, ma furono anche denunciati aspetti allora consigliate parzialmente inediti, come per esempio forme di genocidio nei confronti degli indios, specialmente dell’area Amazzonica prevalentemente brasiliana e furono denunciati come reati anche la spoliazione dell’ambiente, delle ricchezze ambientali e chiaramente dei lavoratori e quindi le diseguaglianze sociali, la fame per le fasce di età dell’infanzia. L’insieme delle accuse e quindi anche dei reati che furono e addebitati a questi governi, e sono tanti, sono anche una sorta di anticipazione di una concezione dei diritti umani e dei diritti dei popoli che solo negli anni successivi acquisirà un certo una certa importanza, acquisirà spazi giuridici e poi nella coscienza generale. 

Quale fu l’impatto con l’opinione pubblica del Tribunale Russell II?

Il Tribunale fu un movimento transnazionale, nel senso che accompagnò nelle sue udienze, comunque pubbliche e propagandate e largamente partecipate, in grandi aule universitarie e in grandi sedi pubbliche, per esempio al Teatro Argentina qui a Roma, insomma in luoghi disposti ad accogliere un pubblico che potesse diventare megafono. Oltre alla procedura giurisdizionale del tribunale internazionale d’opinione, si volle mantenere questa rete che si costruì in decine di paesi in quasi tutta Europa occidentale, in buona parte dell’America Latina e negli Stati Uniti specialmente, e si diede vita a una serie di comitati di sostegno così si chiamavano a livello locale e nazionale che utilizzavano le forme della comunicazione politica con decine di giornali, fogli unici, flyer, volantini, iniziative, conferenze e manifestazioni.

E l’impatto con le istituzioni, invece?

I governi per ragioni di stato e quindi per ragioni diplomatiche, per gli scambi commerciali eccetera chiudono gli occhi di fronte ai crimini commessi da alcuni governi e questo purtroppo è avvenuto anche allora. Lo si è visto per quanto riguarda in modo particolare l’Argentina: i governi italiani di allora hanno una responsabilità molto grossa nella mancata denuncia di ciò che successe, e già era abbastanza evidente sia sulla pressione del Cile per i rifugiati nell’ambasciata italiana a Santiago del Cile e ancora di più con il golpe in Brasile, che passò quasi completamente sotto silenzio. In questo senso il Tribunale internazionale Russell II fece una proposta forte, che poi si trasformerà nella dichiarazione dei diritti dei popoli, cioè disse il soggetto del diritto internazionale non sono soltanto gli stati, non possono essere soltanto gli stati, sui quali chiaramente prevalgono le ragioni di stato, ma devono i popoli il vero soggetto del diritto internazionale, e quindi spostò completamente l’asse diciamo del ragionamento internazionalista giuridico: uno stato non poteva avere il diritto di usare violenza sul proprio popolo. Il tribunale internazionale fu anche una sorta oggi si direbbe di lobbying, nel senso che attraverso i suoi documenti, attraverso le sue denunce fece pressione anche nelle istituzioni, parlamenti e governi dove era possibile, ma specialmente nelle istituzioni internazionali. Il tribunale Russell II infatti, istituì un rapporto diretto con molti ambienti delle Nazioni Unite, specialmente quelli che si occupavano dei diritti umani, su tutte le grandi organizzazioni non governative come Amnesty International e poi nel mondo delle Chiese cristiane cattoliche che erano reduci da un da un fermento molto forte che era quello del Concilio Vaticano II, che risale all’inizio degli anni sessanta, ma che ha effetti fino a tutti gli anni settanta, con l’associazionismo internazionale cattolico e cristiano protestante che fu di grandissimo sostegno al Tribunale, e infine anche con le organizzazioni che erano un po’ diciamo in ritiro. come quelle del Movimento operaio internazionale, che era uno dei riferimenti di Lelio Basso, che non è che da dimenticare che era un esponente internazionale del Movimento Socialista.

Oggi cosa possiamo dire rispetto a cosa rappresentò il Tribunale Russel II?

È un po’ retorico dirlo, ma rappresentò davvero una luce. Bisogna che è una memoria storica oltre che un elemento di analisi storica, fu il vero momento di emersione di un discorso solidale internazionale sull’America Latina, e ciò avviene dopo il colpo di stato di Pinochet. Non era avvenuto in Brasile tra il ‘64 e ’73, non era venuto neanche dopo il colpo di stato in Uruguay, anche per la forma con cui si era svolto, né tantomeno con quello Boliviano precedente. Avviene invece con il Cile, un paese tradizionalmente democratico, non era un luogo dove tipo ogni otto anni avveniva un colpo di stato militare, in Cile c’era una forte Democrazia Cristiana e c’era un importante Partito Socialista e anche un importante Partito Comunista. Insomma, aveva una configurazione non molto diversa da quella europea dal punto di vista della geografia politica e questo contribuì a nuova sensibilità collettiva internazionale, a far emergere la vera storia della solidarietà latino-americana, un elemento di mobilitazione collettiva internazionale con grandi manifestazioni in molte parti del mondo. 

Che eredità lasciano gli archivi del Tribunale Russell II?

Lo dico veramente soffrendo perché chiaramente le testimonianze sono migliaia e sono drammatiche; ce ne sono di particolarmente struggenti, tipo racconti di madri che vengono violentate o torturate di fronte ai figli, poi una cosa che mi ha particolarmente colpito è la violenza psicologica. Ci sono molte schede in cui si riportano le tecniche della tortura, che sono veramente raccapriccianti, ma la violenza psicologica era forse quella peggiore. 

Le viene in mente un esempio che vuole raccontare?

C’è un racconto di una donna che veniva schiacciata psicologicamente con le parole: “Che madre sei, fai vivere tuo figlio in questa situazione”, eccetera… quindi una donna che aveva combattuto Il regime in nome di valori giusti, valori alti, messa sotto accusa nella sua funzione di madre. La sofferenza che questa donna prova nel raccontare la storia di questi aguzzini che le di ripetevano che lei era una madre snaturata non solo c’è la cronaca di una emozione che la prese, ma fu anche l’elemento che l’elemento che mise pià in risalto, nonostante anche lei avesse subito le torture peggiori, questo è impressionante. Gli stessi giurati del tribunale Russell II quando chiedevano di far rivivere con le testimonianze anche drammatiche e pesantissime emozioni chiedevano sempre: “Te la senti di fare una testimonianza?” ai protagonisti, e nessuno si è mai tirato indietro.